Descrizione
Eccovi un breve estratto del Capitolo 1 e la schermata del Sommario:
Tre dei quattro capitoli che formano il nucleo di questo libro sono versioni lievemente modificate di scritti già apparsi su riviste scientifiche anglofone ai quali si aggiungono un’introduzione e una conclusione.
Il primo capitolo del presente saggio esamina la poetica di Leonardo Sciascia (8 gennaio 1921 – 20 novembre 1989), imperniata sull’autoimmagine pubblica del ‘guastatore’, e presenta una visione dello scrittore molto più conservatore di quanto comunemente si creda. Il capitolo conclusivo affronta in modo ravvicinato l’ultimo decennio della carriera del racalmutese, vale a dire il periodo posteriore a L’Affaire Moro, durante il quale l’autore pubblica diverse raccolte saggistiche e inchieste – oltre a romanzi quali Una storia semplice e Il cavaliere e la morte – e progetta un saggio su Telesio Interlandi, ideologo della campagna discriminatoria degli anni Trenta e della legislazione antisemita del 1938.
Un apprezzamento estetico della scrittura di Sciascia esula dal presente studio monografico. Tuttavia, in questa sede preme ricordare che, nonostante il successo commerciale di Sciascia i suoi personaggi non hanno lo spessore psicologico del romanzo moderno del Novecento italiano (i.e., Gadda, Svevo, Morante, Moravia) e, per parafrasare la pur crociana affermazione di Binni, Sciascia manca «del dono profondo della grande poesia» (31). I suoi protagonisti tendono ad essere unidimensionali, incapaci di dubbi, crisi di coscienza, catarsi o, tantomeno, sviluppo interiore. Se questi personaggi sono portavoci della visione epistemologica dell’autore, essi non interrogano pienamente le loro «ragioni storico-personali» (Binni, 50) rimanendo refrattari a quella sincerità necessaria a scandagliare la coscienza interiore dell’esperienza autoriale. Tuttavia, gli scritti di Sciascia «offr[ono] temi, moduli stilistici, forme di linguaggio» che «dispongono in direzione estetica elementi vivi della vita sociale, politica, culturale» che a loro volta ci permettono di recuperare «la realtà di un’epoca nella sua viva complessità problematica» (Binni, 31) attraverso una forma di mascolinità che critica l’ordine patriarcale ma non ne sovverte le premesse ideologiche nella proposta di visioni alternative.
Tuttavia, è proprio questa creazione dell’autoimmagine pubblica dello scrittore come uomo autonomo ed indipendente ad oltranza, alfiere di una visione del mondo liberal-riformista da fondare o ritrovare e paradossalmente nostalgica di un mitico ordine perduto…
Il Sommario
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